mercoledì 20 marzo 2013

Ai piani bassi di Margaret Powell | Recensione





«Un libro potente, che descrive in dettagli semplici e spesso strazianti la divisione tra Noi e Loro».


Judith Newman, «The New York Times Book Review»


Titolo: Ai piani bassi
Autore: Margaret Powell
Editore: Enaudi
Collana: Stile libero big 
Data di pubblicazione: 27 novembre 2012
Pagine: 192 pagine
Prezzo: 16,50
ISBN: 978-8806214883



Trama
l mondo diviso tra i saloni sfolgoranti e i piani bassi della servitú, la lotta di classe a colpi di tazze di tè, i pettegolezzi e le tragedie nel racconto sulfureo di una cuoca a servizio dell'aristocrazia inglese negli anni Trenta.

Ai piani bassi è un documento unico, e un libro coinvolgente, diventato subito un caso editoriale. La voce ironica e acutissima di Margaret, già aiuto-cuoca a soli quindici anni, racconta il mondo di «loro» e «noi». Dei ricchi aristocratici degli anni Trenta e dei domestici che lavorano nelle case dei facoltosi signori e i loro frivoli salotti e stanze da letto.


«A rendere Powell una narratrice talmente straordinaria è il fatto che non è mai amareggiata o cattiva... Malgrado siano passati tanti anni, Ai piani bassi ha mantenuto il suo particolare fascino».

«The New York Times»

***
Sulla serie tv ispirata dal libro, ha scritto «la Repubblica»:
«Chi ama il cinema elegante di James Ivory, i libri di Jane Austen, le grandi saghe familiari in cui, dietro l'apparente tranquillità, serpeggia l'inquietudine, non si perda Downton Abbey, serie rivelazione dell'anno che agli Emmy Awards ha sconfitto la lodatissima Mildred Pierce».


L'AUTRICE
Margaret Powell (1907 - 1984) è nata a Hove in Sussex da una famiglia di umili origini. A tredici anni ha iniziato a lavorare in una lavanderia e a 15 anni è entrata in servizio prima come sguattera poi come cuoca. Ha pubblicato il suo libro di memorie, Below Stairs, nel 1968 che ha venduto 14.000 copie nel suo primo anno, ed è stato seguito da altri libri autobiografici che iniziano l'anno successivo.  Si è trasformata in un ospite popolare talkshow televisivi.  Quando è morta nell'aprile del 1984 a 76 anni dopo aver sofferto di cancro, ha lasciato una tenuta sostanziale di £ 77.000. 


RECENSIONE
[di Petra Zari]


Ho esaurito la lettura di questo librino nella sola giornata di domenica, questo per sottolineare il carattere scorrevole della scrittura che conserva, anche nella sua traduzione italiana, la freschezza di una testimonianza attendibile.
Meg, come ho preferito chiamarla in confidenza, scrive così come parlerebbe se potessimo registrarne la storia in un documentario; nel suo caso, com’è ovvio, non si può certo parlare di “stile” considerando la scrittura, eppure, nel suo modo di esprimersi è contenuta l’eccezione che lei stessa rappresenta, quale anello di congiunzione tra quello che avrebbe dovuto essere (un’insegnante) e ciò che è stata.

Il suo background sociale è comune al suo ruolo servile, ciononostante, Meg, ha quel pizzico di cultura in più, quel tanto che basta, a farla emergere - se non altro per ragionamento - dal ceto da cui proviene. Il suo carattere realista e pratico, certamente, è stato un grande aiuto nella formazione della sua personalità, altrettanto certo però, è che la volontà di leggere e conoscere ha ispirato l’ambizione che la anima costantemente, ponendola un altro gradino sopra l’ignoranza dei molti, originando la “sua” decisa opinione sulle cose, sulle persone, ovvero il suo punto di vista. Vincere una borsa di studio con un gran sogno nel cassetto senza poterla sfruttare è una bella fregatura del destino da digerire, voi che dite?
Questo fattore l’ho trovato fondamentale per capire i passaggi della sua vita, determinati soprattutto dalle scelte di Meg, piuttosto che dalla mera accettazione degli eventi. Insomma, l’avete capito, Meg ha un gran coraggio, Meg sa il fatto suo! E non l’ha acquisito da ultimo, ma fin dal principio ha avuto le idee chiare, dettaglio non trascurabile se si tratta di una ragazzina di 13 anni, anche in un contesto dove si è obbligati a crescere più in fretta! Il suo spirito d’adattamento, la sua determinazione, l’hanno portata a conquistare più velocemente di chiunque altro i vari scalini verso il piano di sopra, quasi come se avesse pianificato tutto, e un po’ è così, se ci pensate.

Laddove la sopportazione veniva meno, ecco un altro importante ingrediente, antidoto contro le ingiustizie della vita: una sana, disincantata ironia.
Vi rammento soltanto l’episodio della signora Graham lasciata al molo sulla carrozzella (ho riso per 5 minuti).
Aver saputo cogliere da subito il lato buffo delle persone, che siano downstairs o upstairs, come delle situazioni, ha permesso a Meg di sopportare meglio la propria condizioni d’imposta inferiorità, di superare difficoltà e di prevenire disastri.
Meg non ha un carattere amabile, né remissivo, né ribelle: semplicemente, “ha carattere”.
Ha evitato di cadere in tentazione, ha detto spesso ciò che pensava senza timore delle conseguenze, ha sfidato il destino improvvisando, quasi avesse un talento per l’estemporanea, cosa che un po’ le invidio.

Il paragone con la serie tv Donwton Abbey si fa labile: ho trovato elementi ispiratori, ma poco approfonditi (forse perché quest’edizione non è integrale?), inoltre, penso il confronto sia fattibile soltanto leggendo anche l’altro libro - Lady Almina e la vera storia di Downton Abbey - dove emerge l’altro punto di vista, quello upstairs.

Ho trovato interessante la descrizione delle attività della servitù, le convenzioni, le molte restrizioni, poi le molte abitudini, che dovremmo definire “vizi”, dei signori, anche il terzo punto di vista, quello della vita “fuori” dalle case, tra pub, scazzottate in allegria e, purtroppo, donne perdute (il che mi ricorda “Ruth” della Gaskell).
Tra questi tre piani della stessa realtà, Meg è nel centro esatto.
Li racconta come una voce narrante, parlando in prima persona, certo, ammettendo di appartenere al “piano servitù”, ad ogni modo, apprezzando e soprattutto “criticando” tutto con la stessa imparzialità di un vero giudice d’onestà morale.
Penso sia questo suo modo di pensare liberale e obiettivo ad averne fatto una testimonianza attendibile; qualsiasi pendenza per l’una o l’altra parte, avrebbe condizionato la verità della storia. Pensate a quanto si stupisca - alla sua prima vera esperienza lavorativa - nel sentire i colleghi definire i loro signori come “il Nemico”, o peggio ancora, “Loro”. La disparità sociale alzava essa stessa il muro tra servitù e aristocrazia, non solo le scale; eppure, se Meg non fosse stata tanto giusta e obiettiva, non avrebbe colto le differenze tra i vari “datori di lavoro”, dando loro difetto o merito senza filtri di appartenenza sociale.
Meg è il trait d'union tra upstairs and downstairs, ma anche tra passato e presente. Ha vissuto in prima persona il cambiamento delle convenzioni, l’avvicinamento dei ceti estremi sino all’inevitabile crollo del muro, quando racconta delle anziane aristocratiche ridotte a isteriche vecchiette, nella solitudine di un palazzo ristrettosi in appartamento, tra antiche pretese e malinconici ninnoli di un’epoca finita.
Meg narra anche quest’ultimo sentimento, lo raccoglie nel suo racconto sociale e storico, come avrebbe fatto il tanto citato Dickens, ma con un valore aggiunto: tutto il credito e la considerazione di una testimonianza reale.

VALUTAZIONE T&TBC


RICETTA CONSIGLIATA


MUSICA CONSIGLIATA


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